Un paio di scatti dal cantiere di palazzo Bonagia. Si vede il muro ripristinato e ormai definito che costituisce il diaframma di divisione con il cortile dello scalone, che sta dall’altro lato. Attualmente funge quindi da “quinta”, in modo che dal cortile si abbia la percezione dei volumi originari, anche se di fatto ancora oltre il muro è tutto vuoto. A guardare dalla facciata, si nota che adesso è stato creato il solaio di copertura delle sale a primo piano e che costituisce il pavimento per il secondo che ancora non è stato ripristinato nemmeno in facciata.
Post correlati
-
Focus nuovo CdS, le norme sui monopattini
Spread the lovemoreLa recente approvazione delle nuove norme del... -
Via Pantelleria, al via i lavori per la nuova pavimentazione stradale
Spread the lovemoreL’Ufficio Traffico e Mobilità ordinaria del Comune di... -
L’espansione di McDonald’s a Palermo: un nuovo punto vendita in città
Spread the lovemoreL’espansione di McDonald’s a Palermo sembra non...
Quando si parla di lavori pubblici i tempi sono sempre biblici, palazzo Lampedusa e palazzo “Quaroni” sono già quasi definiti, mentre questo recupero langue , e quando mai…..
trovo questi recuperi filologici un po’ falsi e corrispondenti a un’idea di bellezza musealizzata e cristallizzata.
vi sono ragioni e torti nelle due fondamentali forme di recupero architettonico, che secondo me vanno superate, facendosi la domanda: che uso ne voglio fare? Se devo solo fare guardare, il conservativo è più che bastevole.
Se devo trovarne una soluzione ad uso successivo, quale possa essere museale, biblioteca, archivio culturale, sede amministrativa di prestigio, sede abitativa, ecc… allora il completo recupero della struttura nel rispetto delle attuali norme edificatorie risulta ovvio, oltre che necessario.
sì, appunto. che non rimanga uno scatolone vuoto finto come tanti palazzi recuperati e lasciati a marcire o incendiati (chiesa dei tre re, sant’andrea, oratorio dei bianchi) per mancanza di idee e per quel senso di bellezza immobile e inutile che ci affligge. meglio allora il rudere, lo scalone bombardato, la voragine.
al recupero architettonico e strutturale va affiancato un riuso collegato al quartiere e alla città. molti di questi restauri sono speculazioni mascherate da bene culturale.
Su Sant’Andrea è vero, ma la colpa è del Comune che ha permesso si posizionassero i cassonetti proprio davanti una chiesa appena restaurata. La chiesa dei Tre Re non venne mai terminata perché finirono i fondi, l’oratorio dei Bianchi è spesso aperto al pubblico.